Il processo di gestione del rischio di un dispositivo medico, in conformità allo standard ISO 14971, ha lo scopo di identificare le situazioni pericolose associate al suo impiego, e – dopo averne stimato il rischio associato – definire e adottare le relative misure di controllo e riduzione.
Nella fase di progettazione e sviluppo di un dispositivo, il team di progettazione deve approfondire ogni dettaglio per portare alla luce il maggior numero possibile di potenziali situazioni pericolose. È fondamentale che in questa fase vengano presi in considerazione tutti i requisiti generali di sicurezza e prestazione descritti nell’Allegato I del Regolamento (UE) 2017/745 e che venga valutata l’eventuale necessità di effettuare specifiche prove sul dispositivo, individuando test idonei a fornire adeguate informazioni sui potenziali rischi identificati, correlati alla sicurezza generale del dispositivo in termini, ad esempio ma non esclusivamente, di funzionalità, biocompatibilità, possibili eventi avversi, etc.
Queste prove devono essere condotte prima di eseguire eventuali indagini cliniche, e possono comprendere differenti tipi di test, in funzione del dispositivo e degli specifici aspetti da valutare: in sostanza si tratta di verificare l’effettiva sussistenza delle caratteristiche del dispositivo dichiarate dal fabbricante, dandone opportuna evidenza, stimando allo stesso tempo, e mitigando, i rischi ad esse intrinsecamente associati.
La conduzione di test è spesso necessaria per valutare (ove applicabili):
– le caratteristiche di prestazione e sicurezza;
– le proprietà meccaniche, le caratteristiche funzionali, di superficie, etc.;
– la biocompatibilità;
– l’assorbimento, la distribuzione, il metabolismo e l’escrezione (ADME) di una sostanza;
– la sicurezza elettrica e la compatibilità elettromagnetica (EMC);
– la verifica e validazione del software;
– la compatibilità e interoperabilità con altri dispositivi;
– l’adeguatezza del processo di sterilizzazione;
– l’adeguatezza del processo di reprocessing (es. di strumenti chirurgici riutilizzabili);
– la stabilità del dispositivo (la shelf-life e la durata di vita);
– l’adeguatezza dell’imballaggio e del trasporto;
– l’adeguatezza all’uso (usabilità).
I principali tipi di test includono:
Test di laboratorio (in vitro) di valutazione di prestazione e sicurezza. Possono includere, ad esempio, la valutazione di proprietà meccaniche, sicurezza elettrica, compatibilità dei materiali, caratteristiche funzionali o di superficie o chimico-fisiche, etc.
Gli studi in vitro comprendono i test di biocompatibilità, da eseguirsi nel contesto della valutazione del rischio del dispositivo così come descritto dalla ISO 10993-1; prevedono la caratterizzazione chimica preliminare e lo studio dell’interazione del dispositivo con i tessuti viventi, valutando le potenziali risposte infiammatorie, la citotossicità e le reazioni immunologiche e altri effetti avversi all’interno dell’organismo.
Test in vivo. Si tratta di prove su modelli animali volte a simulare le condizioni che il dispositivo incontrerebbe nel corpo umano, così da poterne valutare gli effetti su tessuti e organi e le risposte sistemiche associate. Questo tipo di studi, alcuni dei quali inclusi nelle valutazioni della biocompatibilità, devono essere necessari e giustificabili e prevedono il rispetto di linee guida etiche per il benessere degli animali.
Test di utilizzo simulato (test di usabilità). L’applicazione dell’ingegneria dell’usabilità è ampiamente riconosciuta come essenziale per ridurre il rischio correlato all’uso dei dispositivi medici: ne è un esempio la necessità di progettare adeguatamente la sua interfaccia utente (si veda, al riguardo quanto previsto dalla norma IEC 62366-1). La sicurezza di un dispositivo è, infatti, correlata alle sue caratteristiche di usabilità e per questo è necessario valutarne le caratteristiche ergonomiche già in fase di progettazione (valutazione formativa) così da identificare e ridurre i rischi inaccettabili correlati all’interazione del dispositivo con l’utilizzatore. Il test prevede la simulazione d’uso del dispositivo da parte di un gruppo di utenti, in un ambiente rappresentativo dell’ambiente in cui dovrà essere utilizzato.
In generale, per garantire l’affidabilità dei risultati di un test è necessario che ne sia esplicitato lo scopo (venga dichiarata la caratteristica o la proprietà intrinseca del dispositivo medico che si desidera verificare), sia descritto il metodo che sarà utilizzato, con riferimento allo standard applicato (o allo stato dell’arte), sia giustificata la scelta del campione “worst case”, così come la dimensione del campione e i criteri di accettazione del test. I risultati dovranno essere discussi in un report con le conclusioni relative ai criteri di accettazione.
In un’ottica di minimizzazione del rischio As Far As Possible (AFAP), durante lo sviluppo del dispositivo dovranno essere presi in considerazione i risultati di tutti i test eseguiti, al fine di identificare tutte le misure adeguate di riduzione del rischio così, infine, da potere garantire la conformità ai requisiti di legge.
In conclusione, il testing preclinico dei dispositivi medici è una fase cruciale del loro sviluppo, perché permette sia di dimostrarne l’efficacia del dispositivo ma anche di stimare i potenziali rischi associati al suo impiego, contribuendo quindi all’identificazione delle misure per la loro mitigazione e il loro controllo. Questo permette anche di ottimizzare la progettazione dei dispositivi, fornendo dati essenziali per le approvazioni normative. Un’analisi del rischio completa ed esaustiva e un adeguato programma di testing contribuiscono alla sicurezza generale dei dispositivi medici e al successo nel migliorare la salute e la qualità della vita dei pazienti.
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