Prosegue la nostra intervista a Luca Masotti, avvocato partner dello studio legale Masotti Cassella, uno dei relatori della seconda edizione di Innovabiomed, tenutasi a Veronafiere nello scorso luglio.
Come si riesce a garantire ai clienti una tutela all’avanguardia, considerando che ci troviamo in un mercato globale di aziende italiane che collaborano con altri paesi dove le regole e le normative sono differenti?
“E’ una bella complicazione, ma fortunatamente a livello europeo si sta tutto tendenzialmente uniformando. Quando ci si affaccia su mercati internazionali, invece, diventa problematico. Con l’esperienza si acquisisce qualche conoscenza sui mercati fondamentali come quello statunitense, ma quando si entra su mercati veramente globali l’importanza è avere il partner locale fidato e competitivo anche a livello di costi. Il rischio che ci assumiamo noi è quello di presentare al cliente il professionista giusto perché, purtroppo, capita che si commettano degli errori anche nel nostro settore”.
Quanto è importante la formazione e quali sono le difficoltà nel reperire le risorse umane da inserire, ad esempio, nel vostro organico? Cosa dovrebbero fare i giovani?
“Noi abbiamo due tipi di difficoltà. La prima è che, purtroppo, l’università in Italia continua a dare una formazione più dottrinale che pratica. Noi troviamo giovani molto preparati su quanto c’è scritto nei codici, ma totalmente incapaci di tradurre nella pratica giuridica quello che hanno appreso. Il nostro lavoro, quindi, è quello di affiancare i giovani che entrano in studio e trasmettere un know-how fatto di esperienza e capacità di creare documenti utili e validi per il cliente. La seconda difficoltà è che quello dell’assistenza legale è un mercato molto competitivo quindi le risorse valide sono molto ricercate, anche da studi che hanno un appeal di nome più interessante del nostro. Molti giovani sono più attratti dall’etichetta degli studi internazionali molto noti piuttosto che imparare a cucire un abito a misura del cliente”.
Questi mercati sono in continua evoluzione, quindi la scuola ha serie difficoltà nell’allinearsi e a mantenere gli aggiornamenti rispetto a quello che succede fuori?
“L’impressione effettivamente è questa. Proprio nei giorni scorsi, in un’intervista, il Ministro dell’Istruzione ha detto che insegnare in tre cicli di studi diversi le Guerre Puniche è un po’ inutile e sarebbe meglio insegnare ai ragazzi a parlare le lingue e ad usare il computer. Nel mondo della formazione legale, per quanto siano importanti alcune materie teoriche, si insegna troppo poco ad un ragazzo a scrivere un atto. La parte di esercizio pratico, a cui viene data grande importanza nelle università anglosassoni, da noi è completamente dimenticata e viene lasciata all’avvocato. Così come il fatto che ci sia un ciclo di studi sostanzialmente unico per chi vuole fare l’avvocato o carriere giuridiche diverse e non si imponga ai giovani una specializzazione molto chiara è forse un altro limite”.
Come vede il futuro e come vi dovrete preparare per affrontare i mercati del futuro?
“Ho iniziato questo lavoro trent’anni fa e il primo contratto lungo che ho negoziato lo scambiavo con controparte via fax, che poi dovevo correggere a mano, con un’ora di attesa. Adesso, in un minuto, ricevo quaranta file da 150 giga e invio in Giappone o in Sud America in tempo reale. La sfida del futuro è tornare a lavorare con intelligenza e senza frenesia. Bisogna clamarsi, reimparare che per fare le cose bene ci vuole tempo e non contare sul fatto che la tecnologia ci permetta di fare tutto in pochi secondi”.