Il professor Stefano Nava, del policlinico Sant’Orsola, che ha lavorato in team con le Molinette di Torino, spiega la nuova metodica per chi è affetto da broncopneumapatia cronica ostruttiva: “I malati non saranno più intubati e vivranno di più”
Depura il sangue dall’anidride carbonica e lo restituisce “pulito” ai malati di broncopneumapatia cronica ostruttiva. E lo fa con un sistema mini-invasivo che riduce la mortalità dal 35% al 7%. Per la prima volta al mondo la nuova tecnica, la dialisi polmonare, è stata sperimentata con successo su 25 pazienti al policlinico universitario Sant’Orsola di Bologna e alle Molinette di Torino. Una svolta che dà speranza ai malati affetti da questa patologia. A spiegare la novità è il professor Stefano Nava, 57 anni, direttore del reparto di Pneumologia e Terapia intensiva polmonare del policlinico bolognese. Nel suo gruppo, che ha lavorato con quello torinese diretto da Marco Ranieri, hanno condotto la sperimentazione Lara Pisani, Luca Fasano e Andrea D’Amore. Il professore non nasconde la sua soddisfazione per una scoperta quasi da premio Nobel. “Non esageriamo, ma è comunque una scoperta che se funzionerà cambierà la storia naturale della malattia: i malati affetti da broncopneumapatia cronica ostruttiva non saranno più intubati per essere curati e vivranno di più”.
Il problema della malattia è la sua riacutizzazione, ovvero la progressiva diminuzione della funzionalità polmonare dovuta a episodi di insufficienza respiratoria acuta. “La ritenzione di anidride carbonica si ritrova frequentemente ed è segno grave di broncopneumapatia cronica ostruttiva”, spiega Nava.
Sino ad oggi i trattamenti erano solo due: uno invasivo, ovvero intubare i pazienti, l’altro non invasivo, ovvero l’eliminazione dell’anidride carbonica con maschera e respiratore. “Una metodica, quest’ultima, che ha il vantaggio di creare meno effetti collaterali e di non torturare i pazienti – continua Nava – solo che purtroppo non funziona nel 30 per cento dei casi”. Di qui la ricerca (e la scoperta) di una terza via: la dialisi polmonare. Un catetere nella vena pesca il sangue, lo porta a un filtro e lo restituisce depurato dall’anidride carbonica. Una rimozione extracorporea della Co2, detta DeCap, in grado di ridurre il ricorso alla intubazione riducendo allo stesso tempo la mortalità di questi pazienti.
“Ora siamo nella fase dello studio pilota”, precisa Nava, già subissato di mail di pazienti che chiedono della nuova tecnica, già disponibile. “La metodica innovativa, che è la prima al mondo, ma che non è scevra da effetti collaterali (nel 30% dei pazienti si verificano sanguinamenti importanti, sebbene curabili), deve garantire sicurezza ed efficacia. Se ci sarà il semaforo verde della comunità scientifica su queste due garanzie, a cui la nuova tecnica deve rispondere, allora si passerà alla sperimentazione su larga scala”.
L’interesse per il DeCap è molto elevato, tanto che la prestigiosa rivista “The Lancet Respiratory Medicine” ha chiesto ai direttori delle cliniche coinvolte di scrivere un editoriale sull’argomento, pubblicato a luglio 2014.
Fonte: La Repubblica