Staminali, a Mirandola diventano ‘sensori’ per testare i materiali

Un laboratorio dove si utilizzano le cellule staminali come ‘sensori’ per testare la tossicità di materiali e tessuti, con l’obiettivo di creare sistemi di verifica veloci da mettere a disposizione delle industrie innovative, e anche, in futuro, di ‘bypassare’ la sperimentazione animale. E’ uno dei tre ‘gioielli’ della ricerca che sorgerà all’interno del nuovo Tecnopolo di Mirandola, terra martoriata dal sisma emiliano del 2012, “che sarà inaugurato a settembre”, racconta all’Adnkronos Salute Massimo Dominici. L’oncologo e responsabile del Centro di biologia cellulare e terapie avanzate contro il cancro dell’università di Modena e Reggio Emilia guiderà l’innovativo laboratorio.

Le attività stanno già iniziando in una struttura provvisoria, ‘incubatore’ di quello che sarà il progetto vero e proprio, 800 metri quadrati di spazi dedicati alla ricerca utile all’industria. “Io mi occuperò di coordinare la parte relativa alla biologia cellulare – spiega Dominici – una materia di cui mi occupo da 15 anni. In questo periodo abbiamo lavorato per cercare di sfruttare le staminali per impieghi oncologici, come possibili ‘veicoli’ di farmaci antitumorali, ma anche per rigenerare i tessuti. Intanto, negli ultimi 6-7 anni l’industria biomedicale mondiale si è orientata nel trasformare prodotti classici di componentistica, in sistemi che potessero essere utili anche per la medicina rigenerativa o per la crescita delle cellule staminali. Da anni collaboriamo con aziende italiane, americane, giapponesi. Dal 2004 a Modena è attivo il distretto biomedicale mirandolese, con capacità produttive e di trasformazione di prodotti sorprendente. E si è così iniziato a esplorare la possibilità di partire da questo know how per studiare materiali per rigenerare i tessuti. Progetto finanziato poi dalla Regione Emilia-Romagna con 4 milioni di euro”.

“A Mirandola – prosegue il ricercatore – il laboratorio che coordinerò si occuperà di trasformare le staminali in ‘sensori’: queste cellule sono dotate di grandi potenzialità nella medicina rigenerativa, ma possono anche essere usate a contatto con materiali per capire se sono tossici, se hanno determinate funzionalità, per creare una nuova generazione di test di sicurezza e di efficacia in vitro che in ultima istanza potrebbero anche abbattere la sperimentazione animale: si potrà predire se il materiale allo studio sarà più o meno efficace o tossico” senza sperimentarli su topi.

“Le staminali in questo sono formidabili – assicura l’esperto – perché possono dirci subito se il materiale che stiamo testando rilascia sostanza tossiche, reagendo in modo particolare. I laboratori saranno attrezzati per rilevare queste reazioni su prodotti che le aziende del settore mettono a disposizione, e intendono poi immettere in commercio”.

Il finanziamento di 4 milioni di euro “consentirà l’assunzione di circa 20 fra ricercatori e personale di supporto. Ma possiamo dire che questo sarà un nuovo tipo di occupazione, a metà strada fra università e industria. Il personale specializzato opera in un laboratorio di ricerca, ma che serve alle aziende. Il finanziamento speriamo serva da volano per 2 anni, l’obiettivo finale è che dopo che il settore pubblico ha messo a disposizione la sua quota, il laboratorio diventi performante per offrire servizi al privato, per generare innovazione, brevetti, sia a livello di piccole aziende, ma anche di grandi, che non è detto che abbiano laboratori al proprio interno o all’interno del distretto di Mirandola in grado di fare queste cose. L’università ha invece le proprie competenze e le mette a disposizione del mondo industriale. Speriamo che le aziende vogliano innovare in questo momento difficile. La crisi, d’altronde, nasce anche un po’ dall’assenza di nuovi prodotti”.

Il primo progetto “di cui ci occuperemo mira a testare filtri che sono usati per la dialisi, per capire se a contatto con staminali ci siano reazioni indesiderate. La dialisi è una vecchia tecnologia, ma che se declinata in modo specifico potrebbe creare nuovi prodotti. Partiremo da un materiale relativamente semplice, ma ne analizzeremo almeno tre” con lo stesso obiettivo. Degli altri due laboratori del Tecnopolo, “uno lavorerà a stretto contatto con noi e si occupa di tossicologia, l’altro è di ingegneria e si concentrerà su biosensori, creando anche tecnologie come quelle delle stampanti 3D in ambito biomedicale. Questa piattaforma ha obiettivi che si integrano e se ci sono cose che non riusciamo a fare, lo scopo è anche quello di creare un network con altre strutture per creare uno ‘sportello tecnologia’: spesso le aziende non sanno dove trovare il know-how. Noi facciamo in modo di fornirglielo”.

Fonte: Adkronos