La mascherina è diventata un oggetto di uso comune in seguito alla diffusione del COVID-19.
Ne abbiamo usate di vari tipi: chirurgiche, FFP2, colorate, personalizzate e fino a poco tempo fa rappresentavano una costante delle attività che si svolgevano fuori casa, in luoghi pubblici a contatto con altre persone.
Anche se per la maggior parte di noi la mascherina è una new entry nelle nostre vite, questo dispositivo ha alle sue spalle una storia molto lunga e articolata, che vi raccontiamo qui di seguito.
Le due storiche María Lara e Laura Lara Martínez hanno ripercorso secoli di storia per stilare una dettagliata retrospettiva dell’uso della mascherina, una prassi che secondo le loro ricerche risale almeno al VI secolo a.C..
Ve ne sarebbe prova sulle porte delle tombe persiane, dove sono state trovate immagini raffiguranti persone con un panno sulla bocca.
Con la peste nera, che tra il 1347 e il 1351 uccise almeno 25 milioni di persone, la mascherina si elevò allo status di strumento medico.
Tre secoli dopo, con il diffondersi dell’epidemia di peste bubbonica, la maschera facciale dei medici divenne il simbolo stesso della malattia. In questo periodo la maschera arrivava a coprire gli occhi ed era a forma di becco.
Ma perché questa particolare forma?
All’epoca vi era la credenza che la malattia si potesse diffondere anche attraverso l’aria avvelenata o ‘miasmatica‘, perciò si cercava di impedire all’aria fetida di circolare coprendosi il viso con fiori ed essenze profumate.
Il beccuccio, infatti, veniva utilizzato come spazio dove collocare profumi, spezie ed erbe aromatiche per contrastare il cosiddetto “miasma“.
Quest’ultima idea fu superata nel XIX secolo, ma, ciò nonostante, si rafforzò la necessità di coprirsi il viso, con la scoperta del francese Louis Pasteur dell’esistenza di agenti infettivi microscopici.
Di fronte a questo cambiamento, il medico tedesco Carl Flügge dimostrò che questi nuovi microbi potevano essere trasmessi da un individuo all’altro anche a distanza. Per questo motivo, Flügge demandò al professore di chirurgia Jan-Antoni Mikulicz Radecki la progettazione di una maschera per i chirurghi, al fine di evitare di contaminare i pazienti.
La “benda per la bocca“, secondo le due storiche, era molto più simile all’attuale mascherina, poiché si trattava di un impacco di mussola (un tessuto molto leggero in armatura tela e a trama molto rada), ma lasciava la bocca libera, poiché copriva solo naso e narici.
Il consolidamento dell’uso della mascherina avvenne nel XX secolo, con la pandemia del 1918, comunemente nota come “influenza spagnola“, perché fu proprio la Spagna a denunciarne per prima la presenza. La “spagnola” uccise almeno 50 milioni di persone nel mondo e si ritiene che le ondate di sfollamento e il conseguente sovraffollamento abbiano accelerato il contagio.
Pochi anni dopo, durante la Seconda guerra mondiale vennero stabiliti i primi standard per la produzione delle mascherine chirurgiche.
Sempre nel XX secolo, le mascherine cominciarono a prendere piede come dispositivo di protezione contro l’inquinamento atmosferico che, due secoli dopo l’inizio della Rivoluzione Industriale, stava diventando sempre più presente nelle grandi città.
Le vendite delle mascherine, come dicevamo sopra, hanno subito un boom con l’avvento del Covid-19 e si mantengono piuttosto alte anche ora che l’emergenza sanitaria sta rientrando.
L’elevata domanda che il mercato delle mascherine continua ad avere ha creato terreno fertile per fabbricanti e distributori che hanno deciso di arricchirsi immettendo in commercio mascherine non a norma, e quindi non conformi ai Regolamenti di riferimento.
Nel pieno della pandemia abbiamo pubblicato un breve vademecum per riconoscere i dispositivi regolari da quelli irregolari, che trovi in questo articolo.