“La disciplina giuridica delle lenti anti luce blu: l’inquadramento giuridico e il quadro sanzionatorio” a cura dello Studio Legale Stefanelli&Stefanelli

 Negli ultimi anni, si è assistito ad una crescente diffusione delle lenti “anti luce blu” (conosciuti come “lenti blue block”), cioè speciali lenti che consentono di “filtrare” una tipologia di luce (appunto la luce blu-violetta) che viene emessa principalmente dagli schermi dei dispositivi elettronici.

In questo panorama, le lenti blue block sembrano diventate la potenziale risposta in difesa della salute oculare, ma rimane ancora incerta la loro qualificazione normativa, e quindi le norme da osservare per commercializzare questa particolare tipologia di prodotti. Le difficoltà di inquadramento normativo, in realtà, traggono origine dall’assenza in letteratura di studi scientifici condivisi che raggiungano quel grado di “certezza” necessario per comprendere l’effetto che la luce blu-violetta produce sull’occhio umano e, di conseguenza, anche l’uso a cui sono destinate le lenti blue block.

 

In risposta a questo stato di incertezza, gli operatori si domandano del tutto lecitamente se tali lenti debbano essere considerate un “dispositivo medico”, un “dispositivo di protezione individuale”, oppure un prodotto sottoposto alla sola normativa generale prevista a livello unionale a favore dei consumatori e attuata in Italia con l’entrata in vigore del Codice del Consumo.

 

Obiettivo dichiarato di questo articolo è quindi quello di fare qualche riflessione sull’inquadramento normativo e sulle conseguenti sanzioni, alla luce delle conclusioni recentemente raggiunte sugli effetti della luce blu dalla Commissione Europea con le linee guida “PPE regulation guidelines” del merse di ottobre 2023.

 

  1. LE “POSSIBILI” ALTERNATIVE DI INQUADRAMENTO E LE SANZIONI

Per comprendere il quadro giuridico di riferimento, è necessario prima fare un breve cenno alle normative di prodotto potenzialmente applicabili:

  • il Reg. UE 2017/745 (MDR) disciplina le modalità di immissione sul mercato dei “dispositivi medici” (DM), ossia, per quanto qui interessa, quei prodotti che sono destinati a prevenire, curare, trattare e/o attenuare malattie;
  • il Reg. UE 2016/425 (PPER) disciplina le modalità di immissione sul mercato dei “dispositivi di protezione individuale” (DPI), i quali sono destinati a proteggere l’utilizzatore da uno o più rischi per la sua salute o sicurezza (ad es. lesioni oculari provenienti all’esposizione di luce solare);
  • la Dir. 2001/95/CE, attuata in Italia dal D.lgs. 206/2005 (Codice del Consumo), disciplina la sicurezza generale dei prodotti e si applica nelle ipotesi in cui un prodotto non sia coperto da una disciplina specifica che prescrive requisiti di sicurezza, come quelle prima accennate previste dal MDR e dal PPER (ovvero anche quando un prodotto sia coperto da una disciplina specifica che copre solo una parte dei requisiti di sicurezza previsti dalla dir. 2001/95/CE e dal Codice del Consumo).

 

Al fine di determinare quale tra le diverse normative applicare, è necessario comprendere quali sia la destinazione d’uso (e quindi cosa facciano) delle lenti blue block.

A tal fine, Il fabbricante dovrebbe svolgere indagini tecnico-scientifiche, sia sull’impatto che la luce c.d. “blu” produce sul corpo umano (es. malattia, altro rischio, rischio minimo e/o nessun rischio), sia sulla idoneità e/o capacità delle lenti di “opporsi” a tale luce (es. previene malattie, protegge da altri rischi ecc.). Se da tali attività dovesse emergere che le lenti blue block:

  • perseguano una “destinazione d’uso medica” sarà allora corretto inquadrare il prodotto come DM
  • proteggano “da uno o più rischi per la sua salute o sicurezza”, sarà invece corretto inquadrare il prodotto come DPI
  • non siano DM o DPI, sarà gioco forza necessario inquadrare il prodotto tra quelli soggetti alla disciplina generale di sicurezza del Codice del Consumo.

 

Chiaro che lo svolgimento di queste attività pre-market sarà necessario al produttore per difendersi adeguatamente contro contestazioni relative ad un’errata qualifica del prodotto, provenienti, sia dalle Autorità Competenti, sia dagli operatori economici. Difatti, un eventuale errore nella qualificazione del prodotto non andrebbe esente da conseguenze in quanto al produttore potrebbe essere contestati illeciti amministrativi almeno nelle seguenti ipotesi:

  • il prodotto non è un DM ma viene erroneamente qualificato come tale, oppure è un DM ma viene qualificato come DPI o prodotto di libero commercio (sanzione da € 24.200 a € 145.00 prevista, rispettivamente, in caso di indebita marcatura dal D.lgs. 137/2022, art. 27, comma 21 e in caso di commercializzazione di DM difformi dal D.lgs. 137/2022, art. 27, comma 1)
  • il prodotto non è un DPI ma viene erroneamente qualificato come tale (sanzione da € 8.000 a € 48.000 prevista in caso di commercializzazione di DPI difformi dall’art. 14, comma 1, D.lgs. 17/2019), oppure è un DPI ma viene qualificato come DM o prodotto di libero commercio (sanzione da € 8.000 a € 48.000 prevista in caso di mancata apposizione della marcatura CE dall’art. 14, comma 5, D.lgs. 17/2019).

 

Risulta dunque fondamentale comprendere se il prodotto rientri nella normativa speciale prevista per i DM e i DPI.

 

  1. IL PARERE DELLA COMMISSIONE EUROPEA: LE RECENTI LINEE GUIDA “PPE REGULATION GUIDELINES

 

Sul punto, la Commissione Europea è intervenuta nel mese di ottobre 2023 con le recenti linee guida “PPE regulation guidlines”. A pagina 155 infatti si legge: “l’intensità della luce blu proveniente dagli schermi dei dispositivi elettronici è bassa e, secondo la letteratura, sembra improbabile che rappresenti un pericolo fisico per la retina”.

 

Da quanto sopra si dovrebbe escludere che le lenti blue block:

  • siano un DPI perché, posto che è “improbabile” che la luce blu filtrata rappresenti un pericolo fisico per l’occhio deve escludersi che le lenti possano proteggere “da uno o più rischi per la sua salute o sicurezza”, come invece richiesto dal PPER
  • siano un DM perché, se non proteggono da rischi per la salute ai sensi del PPER, non possono assolvere nemmeno la funzione di prevenire, curare, trattare e/o attenuare malattie, come invece è richiesto dal MDR

 

Seguendo il parere della Commissione Europea, si dovrebbe pertanto concludere che le lenti blue block siano prodotti sottoposti esclusivamente alla generale normativa di sicurezza prevista in Italia dal Codice del Consumo. Tuttavia, è bene precisare che spetta al fabbricante stabilire l’inquadramento normativo del suo prodotto e, pertanto, qualora abbia evidenza scientifiche a supporto, optare anche per un diverso percorso normativo.

 

I REQUISTI “INFORMATIVI” PREVISTI DAL CODICE DEL CONSUMO E SANZIONI

L’applicabilità del Codice del Consumo, tuttavia, non esenta il produttore di Blue Block da precisi obblighi legislativi e/o dall’adottare misure preventive finalizzate al rispetto della normativa consumeristica. In particolare, si segnala come il Codice del Consumo:

  • all’art. 20 e ss. vieti agli operatori di attuare “pratiche commerciali scorrette”, cioè la fornitura di informazioni tali da falsare (o da essere idonee a falsare) il comportamento economico del consumatore, pena l’irrogazione di una sanzione pecuniaria da € 5.000 a € 10.000.000 ai sensi dell’art. 27, comma 9, Cod. Cons. (es. le informazioni ingenerano nel consumatore l’errata convinzione che le lenti prevengano una determinata malattia o lo proteggano da altro rischio, così portandolo ad acquistare un prodotto che non avrebbe acquistato qualora debitamente informato)
  • all’art. 103, lett. a), n. 3), obblighi gli operatori a commercializzare prodotti “sicuri, cioè qualsiasi “prodotto che, in condizioni di uso normali o ragionevolmente prevedibili,… non presenti alcun rischio oppure presenti unicamente rischi minimi, compatibili con l’impiego del prodotto e considerati accettabili nell’osservanza di un livello elevato di tutela della salute e della sicurezza delle persone in funzione, in particolare, dei seguenti elementi: … 3) della presentazione del prodotto, della sua etichettatura, delle eventuali avvertenze e istruzioni per il suo uso e la sua eliminazione, nonché’ di qualsiasi altra indicazione o informazione relativa al prodotto”, pena l’irrogazione di una sanzione pecuniaria da € 10.000 a € 50.000 ai sensi dell’art. 112, comma 2, Cod. Cons. (es. le informazioni non chiariscono bene quale sia l’effettiva destinazione d’uso del dispositivo);
  • all’art. 104, c. 2, stabilisca l’obbligo del produttore di fornire “al consumatore tutte le informazioni utili alla valutazione e alla prevenzione dei rischi derivanti dall’uso normale o ragionevolmente prevedibile del prodotto, se non sono immediatamente percettibili senza adeguate avvertenze, e alla prevenzione contro detti rischi”, pena l’irrogazione di una sanzione pecuniaria da € 1.500 a € 30.000 ai sensi dell’art. 112, comma 5, Cod. Cons. (es. le informazioni producono l’effetto di incentivare un abuso dei dispositivi elettronici).

 

Pacifico come la redazione di queste informazioni, proprio a causa dell’attuale assenza di dati condivisi dalla comunità scientifica, possa condurre gli operatori economici a integrare uno o più degli illeciti sopra menzionati.

 

Ciò peraltro potrebbe risultare ancora più problematico nei frequenti casi in cui tali filtri costituiscano un accessorio aggiuntivo ad un occhiale da vista (DM) e/o ad un occhiale da sole (DPI). In questi casi, il produttore, oltre a dover dimostrare che tali lenti aggiuntive non pregiudichino i requisiti di sicurezza e prestazione previsti dal MDR e/o dal PPER, dovrà porre molta attenzione alla redazione dei documenti: da un lato, per evitare una violazione dei specifici requisiti documentali richiesti dal MDR e dal PPER; dall’altro lato per assicurarsi che la marcatura CE apposta sulla parte DM e/o DPI non ingeneri nel consumatore confusione circa l’esatta qualifica normativa delle lenti blue block.

 

Avv. Gaspare Castelli