Negli ultimi anni, si è assistito ad una crescente diffusione delle lenti “anti luce blu” (conosciuti come “lenti blue block”), cioè speciali lenti che consentono di “filtrare” una tipologia di luce (appunto la luce blu-violetta) che viene emessa principalmente dagli schermi dei dispositivi elettronici.
In questo panorama, le lenti blue block sembrano diventate la potenziale risposta in difesa della salute oculare, ma rimane ancora incerta la loro qualificazione normativa, e quindi le norme da osservare per commercializzare questa particolare tipologia di prodotti. Le difficoltà di inquadramento normativo, in realtà, traggono origine dall’assenza in letteratura di studi scientifici condivisi che raggiungano quel grado di “certezza” necessario per comprendere l’effetto che la luce blu-violetta produce sull’occhio umano e, di conseguenza, anche l’uso a cui sono destinate le lenti blue block.
In risposta a questo stato di incertezza, gli operatori si domandano del tutto lecitamente se tali lenti debbano essere considerate un “dispositivo medico”, un “dispositivo di protezione individuale”, oppure un prodotto sottoposto alla sola normativa generale prevista a livello unionale a favore dei consumatori e attuata in Italia con l’entrata in vigore del Codice del Consumo.
Obiettivo dichiarato di questo articolo è quindi quello di fare qualche riflessione sull’inquadramento normativo e sulle conseguenti sanzioni, alla luce delle conclusioni recentemente raggiunte sugli effetti della luce blu dalla Commissione Europea con le linee guida “PPE regulation guidelines” del merse di ottobre 2023.
Per comprendere il quadro giuridico di riferimento, è necessario prima fare un breve cenno alle normative di prodotto potenzialmente applicabili:
Al fine di determinare quale tra le diverse normative applicare, è necessario comprendere quali sia la destinazione d’uso (e quindi cosa facciano) delle lenti blue block.
A tal fine, Il fabbricante dovrebbe svolgere indagini tecnico-scientifiche, sia sull’impatto che la luce c.d. “blu” produce sul corpo umano (es. malattia, altro rischio, rischio minimo e/o nessun rischio), sia sulla idoneità e/o capacità delle lenti di “opporsi” a tale luce (es. previene malattie, protegge da altri rischi ecc.). Se da tali attività dovesse emergere che le lenti blue block:
Chiaro che lo svolgimento di queste attività pre-market sarà necessario al produttore per difendersi adeguatamente contro contestazioni relative ad un’errata qualifica del prodotto, provenienti, sia dalle Autorità Competenti, sia dagli operatori economici. Difatti, un eventuale errore nella qualificazione del prodotto non andrebbe esente da conseguenze in quanto al produttore potrebbe essere contestati illeciti amministrativi almeno nelle seguenti ipotesi:
Risulta dunque fondamentale comprendere se il prodotto rientri nella normativa speciale prevista per i DM e i DPI.
Sul punto, la Commissione Europea è intervenuta nel mese di ottobre 2023 con le recenti linee guida “PPE regulation guidlines”. A pagina 155 infatti si legge: “l’intensità della luce blu proveniente dagli schermi dei dispositivi elettronici è bassa e, secondo la letteratura, sembra improbabile che rappresenti un pericolo fisico per la retina”.
Da quanto sopra si dovrebbe escludere che le lenti blue block:
Seguendo il parere della Commissione Europea, si dovrebbe pertanto concludere che le lenti blue block siano prodotti sottoposti esclusivamente alla generale normativa di sicurezza prevista in Italia dal Codice del Consumo. Tuttavia, è bene precisare che spetta al fabbricante stabilire l’inquadramento normativo del suo prodotto e, pertanto, qualora abbia evidenza scientifiche a supporto, optare anche per un diverso percorso normativo.
I REQUISTI “INFORMATIVI” PREVISTI DAL CODICE DEL CONSUMO E SANZIONI
L’applicabilità del Codice del Consumo, tuttavia, non esenta il produttore di Blue Block da precisi obblighi legislativi e/o dall’adottare misure preventive finalizzate al rispetto della normativa consumeristica. In particolare, si segnala come il Codice del Consumo:
Pacifico come la redazione di queste informazioni, proprio a causa dell’attuale assenza di dati condivisi dalla comunità scientifica, possa condurre gli operatori economici a integrare uno o più degli illeciti sopra menzionati.
Ciò peraltro potrebbe risultare ancora più problematico nei frequenti casi in cui tali filtri costituiscano un accessorio aggiuntivo ad un occhiale da vista (DM) e/o ad un occhiale da sole (DPI). In questi casi, il produttore, oltre a dover dimostrare che tali lenti aggiuntive non pregiudichino i requisiti di sicurezza e prestazione previsti dal MDR e/o dal PPER, dovrà porre molta attenzione alla redazione dei documenti: da un lato, per evitare una violazione dei specifici requisiti documentali richiesti dal MDR e dal PPER; dall’altro lato per assicurarsi che la marcatura CE apposta sulla parte DM e/o DPI non ingeneri nel consumatore confusione circa l’esatta qualifica normativa delle lenti blue block.
Avv. Gaspare Castelli