Barni: “occorre lavorare da subito a un decreto per gli ausili complessi e verificare che le tariffe nazionali non creino iniquità di accesso alle cure”
“Attendevamo da tempo l’adozione dei Livelli essenziali di assistenza (LEA) e ci auguriamo si avvii un nuovo processo di aggiornamento delle tecnologie per la salute, che sia continuo e in linea con l’evoluzione dell’innovazione dei dispositivi medici. Senza aggiornamento continuo la tecnologia invecchia prima ancora di essere riconosciuta fra i LEA che, ricordiamo, risalgono a 8 anni fa e già oggi escludono tutte le innovazioni adottate dopo il 2017. Sono per esempio esclusi i test NGS (Next-Generation Sequencing) che consentono di identificare alterazioni genomiche responsabili dell’insorgenza di alcuni tumori e di stabilire cure personalizzate; test di screening prenatale come quello per la SMA o l’esame diagnostico prenatale non invasivo (NIPT)”. Questo, in sintesi, il commento del Presidente di Confindustria dispositivi medici, Nicola Barni, sull’aggiornamento dei LEA e la loro entrata in vigore il prossimo 30 dicembre.
“Sebbene l’adozione dei nuovi LEA – ha dichiarato il Presidente Barni – rappresenti un traguardo importante c’è ancora molto lavoro da fare sull’aggiornamento del nomenclatore e sulle tariffe. In particolare, la scelta di alcuni dispositivi come gli ausili per disabilità gravi e complesse e gli apparecchi acustici dovrebbero essere inseriti in un elenco assimilabile all’elenco 1 dei ‘su misura’ perché altamente adattabili, per garantire la personalizzazione sulla base delle specifiche esigenze del paziente. Ci auguriamo che il Ministero della Salute adotti a breve un decreto che recepisca queste modifiche. Sul fronte delle tariffe la dotazione di 550 milioni in manovra rappresenta sicuramente uno slancio importante per ripartire, ma se le tariffe minime nazionali non sono adeguate il sistema rischia di implodere andando a pesare troppo sui bilanci regionali e creando iniquità di accesso alle cure sul territorio. Sarebbe pertanto necessario – ha concluso Barni – rivedere alcuni criteri di definizione delle tariffe nazionali basati sui dati di una o due regioni, che potrebbero non riflettere in modo completo i reali costi delle prestazioni”.