Caschi per ventilazione non invasiva: promossa la “via italiana” per la cura dei pazienti Covid gravi

Il motivo principale di ricovero in rianimazione dei pazienti con Covid-19 è l’insufficienza respiratoria acuta, causata dalla polmonite. Domenico Luca Grieco e Massimo Antonelli (per il Gruppo di Studio COVID-ICU Gemelli), autori del lavoro appena pubblicato su JAMA suggeriscono, attraverso i risultati dello studio HENIVOT, che il casco per ventilazione non invasiva potrebbe essere il modo migliore per far ‘respirare’ questi pazienti, riducendo la necessità di ricorrere all’intubazione e alla ventilazione meccanica invasiva.

“Il casco è un approccio tutto italiano. Il suo uso non è frequente all’estero – afferma il dottor Domenico Luca Grieco, rianimatore presso la Terapia Intensiva del Columbus Covid2 Hospital-Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – mentre l’ossigenoterapia ad alti flussi è stata finora considerata il gold standard per questi pazienti (come indicato dalle linee guida per i pazienti con ipossiemia grave del 2020). Il ‘casco’ (o helmet) è stato utilizzato tantissimo durante questa pandemia, ma prevalentemente in Italia e il grande pregio di questo studio è che rappresenta la prima documentazione di efficacia del ‘casco’ rispetto all’ossigenoterapia ad alti flussi, che è uno strumento molto semplice da utilizzare ed è diffuso in tutte le terapie intensive del mondo. Il casco – prosegue il dottor Grieco – è un modo diverso di aiutare i pazienti, perché consente di erogare pressioni molto alte che permettono di ‘riaprire’ il polmone colpito dal processo infiammatorio e riducono la fatica respiratoria di questi pazienti. 

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