“Per i consorzi stabili non vale l’obbligo di indicare in offerta le parti di lavori che devono essere eseguite dalle singole consorziate, a differenza di consorzi ordinari e RTI” a cura dello Studio Legale Stefanelli & Stefanelli

TAR Lazio Roma sez. III 17/5/2024 n. 9871

Con la sentenza in commento i giudici intervengono su un tema di grande attualità: la qualificazione e partecipazione alle gare dei consorzi stabili, anche in considerazione della novità che hanno riguardato i consorzi stabili nel nuovo Codice (DLgs.36/2023) che rendono l’istituto particolarmente flessibile e competitivo.

Nel caso di specie (appalto integrato per la progettazione esecutiva ed esecuzione dei lavori di accesso al bacino storico di Civitavecchia) il concorrente secondo classificato (costituendo RTI) impugnava l’aggiudicazione al primo (costituendo RTI) lamentando (con il primo motivo del ricorso) che il consorzio stabile, mandatario del costituendo raggruppamento risultato aggiudicatario, avrebbe dovuto essere escluso per non avere indicato in offerta le parti di lavori da eseguirsi a cura delle singole consorziate, in contrasto con le previsioni del disciplinare di gara e degli articoli 45, 47 e 48 del DLgs. 50/2016 (vecchio Codice).

I giudici respingono il ricorso, ritenendo che nel caso di consorzi stabili, l’obbligo per il consorzio sarebbe soltanto quello di indicare le consorziate per cui si concorre e non anche i lavori che devono essere realizzati dalle singole consorziate, a differenza di quanto previsto per consorzi ordinari e raggruppamenti temporanei di imprese. Quanto meno, secondo i giudici, tale previsione (ovvero l’indicazione delle quote di lavori) non può essere inserita nei bandi a pena di esclusione. Sebbene, infatti, il disciplinare di gara prevedesse effettivamente l’obbligo, per tutti i consorzi (e quindi anche per i consorzi stabili) di indicare i lavori da realizzare a cura delle singole consorziate (cfr. art.5 del disciplinare di gara “in caso di Consorzi di cui all’art. 45, comma I, lettere b) e c), del D.Lgs. n. 50/2016 [e quindi anche i consorzi stabili ndr], nella domanda di partecipazione devono essere indicate le parti dei lavori che saranno eseguite dalle diverse imprese e le specifiche imprese consorziate che eseguiranno le attività lavorative”) tale indicazione, secondo i giudici, non doveva essere intesa “a pena di esclusione” per tre ordini di motivi. Il primo motivo è una lettura in chiave sistemica del disciplinare di gara (coordinamento con altra disposizione del disciplinare che prevede  espressamente la “non ammissione” nel caso di mancata indicazione delle quote di lavori soltanto nel caso di consorzi ordinari e raggruppamenti temporanei). Il secondo motivo è una interpretazione del disciplinare di gara coerente con la normativa (l’art.48, comma 4 circoscrive l’obbligo di indicazione delle parti di lavoro affidate alle singole imprese aggregate unicamente ai RTI ed ai consorzi ordinari; mentre l’art. 47, comma 7 prevede che i consorzi stabili “sono tenuti ad indicare, in sede di offerta” soltanto “per quali consorziati il consorzio concorre”). Il terzo motivo è una lettura conforme al consolidato quadro giurisprudenziale secondo cui l’obbligo di indicazione separata delle prestazioni effettuate dai singoli partecipanti al raggruppamento deve intendersi riferito esclusivamente ai RTI e ai consorzi ordinari, dal momento che i consorzi stabili, al contrario, rispondono in proprio della prestazione da eseguirsi, la quale viene quindi integralmente imputata al consorzio stesso (cfr. Cons. St., VI, n. 6165/2020 e in senso analogo T.A.R. Lombardia, Milano, IV, n. 2201/2019). Le argomentazioni sopra esposte portano i giudici a concludere che una clausola del bando che introducesse (e non è questo il caso) l’obbligo, per i consorzi stabili,  di indicare, a pena di esclusione, la quota dei lavori da eseguire da parte delle singole consorziate debba ritenersi non conforme con il principio di tassatività delle cause di esclusione (ex art. 83, comma 8 del d.lgs n. 50/2016) perché si introdurrebbe un requisito di partecipazione o di qualificazione dei concorrenti non solo ulteriore e non prescritto dalla vigente normativa, ma addirittura in contrasto con le prescrizioni dell’art. 48, comma 4 del d.lgs n. 50/2016 e non giustificato dalla natura e dalle caratteristiche dei consorzi stabili.

Ci si chiede ora se tale indicazione dei giudici possa valere anche dopo l’adozione del nuovo Codice che ha riscritto la norma. Analizzando il testo dell’art. 68 del DLgs. 36/2023 possiamo affermare che resta immutata la struttura della norma (rispetto all’art. 48) prevedendosi l’obbligo per i consorzi stabili di indicare soltanto le consorziate per cui si concorre, così come resta ovviamente immutata la funzione del consorzio e anzi ne viene rafforzata. Ciò ci porta a concludere che quanto chiarito dal TAR con riferimento al vecchio Codice valga anche con le nuove disposizioni.

Con la stessa sentenza i giudici ritornano, inoltre, sul cd. cumulo alla rinfusa chiarendone la sua applicazione ai fini della qualificazione dei consorzi stabili. I giudici confermano che, attraverso il cd. cumulo alla rinfusa, il consorzio stabile si sarebbe qualificato in virtù della qualificazione delle imprese consorziate, senza necessità di ricorrere al contratto di avvalimento, superando in questo modo la censura della parte ricorrente che riteneva “nullo” il contratto di avvalimento interno stipulato tra consorzio e consorziata.

Con il secondo motivo di ricorso, infatti, il ricorrente lamentava la nullità del contratto di avvalimento interno stipulato dal Consorzio stabile e una consorziata con riferimento al requisito speciale (fatturato in lavori analoghi pari a 2,5 volte importo contrattuale) per indeterminatezza dell’aggetto del contratto di avvalimento, in quanto non sarebbero state indicate, secondo il ricorrente, le risorse tecniche messe a disposizione della ausiliata, in violazione del disciplinare di gara e dell’art. 89 d.lgs n. 50/2016.

I giudici non entrano nel merito del contratto di avvalimento, perché ritengono che il consorzio possieda in proprio, in forza del principio del cumulo alla rinfusa, il requisito richiesto dal bando e posseduto dalla consorziata.  Non c’è dubbio, secondo il TAR, che i consorzi stabili possano utilizzare, ai fini della qualificazione, i requisiti delle imprese consorziate anche non esecutrici. In questo senso va infatti “univocamente” interpretato l’articolo 47 del DLgs. 50/2016 dopo l’adozione del nuovo Codice Appalti (DLgs.36/2023). Con l’art. 225, 13 comma del DLgs. 36/2023 è stato infatti previsto che «L’articolo 47, comma 2-bis, del Dlgs n. 50/2016, si interpreta nel senso che, negli appalti di servizi e forniture, la sussistenza in capo ai consorzi stabili dei requisiti richiesti nel bando di gara per l’affidamento di servizi e forniture è valutata a seguito della verifica della effettiva esistenza dei predetti requisiti in capo ai singoli consorziati, anche se diversi da quelli designati in gara». Si tratta di una norma di interpretazione autentica (CdS sez. V 4 luglio 2023 n. 6533), quindi, con applicazione anche retroattiva, che mette fine al dibattito giurisprudenziale sorto in merito ai limiti di applicazione del cumulo dei requisiti previsto dall’art. 47 del DLgs. 50/2016.

Per lungo tempo, infatti, si sono avuti due indirizzi giurisprudenziali: uno più restrittivo che limitava il cumulo dei requisiti soltanto “alle attrezzature e all’organico medio anno” e un secondo orientamento che, invece, reputava ammissibile il generalizzato ricorso al cumulo alla rinfusa per tutti i requisiti.

Con l’adozione del nuovo codice, non vi è dubbio quindi che il cumulo dei requisiti debba intendersi generalizzato (cumulo alla rinfusa), con la conseguenza che il consorzio stabile possiede il requisito di qualificazione se tale requisito è posseduto dalla impresa consorziata anche se non esecutrice. La disposizione (art. 225, 13 comma) prevista per i servizi e le forniture, riteniamo si applichi anche ai lavori. Lo conferma lo stesso TAR Lazio che, da tali premesse, conclude che nel caso in esame il Consorzio aggiudicatario debba considerarsi titolare del requisito (cifra lavori prescritta dal disciplinare di gara,) mutuando tale requisito direttamente dalla sua consorziata senza necessità di ricorrere al contratto di avvalimento con questa ultima. Il contratto di avvalimento, peraltro, era stato stipulato solo a “fini prudenziali” (come indicato espressamente nel contratto medesimo) con la conseguenza, quindi, che la sua invalidità non potrebbe mai comportare l’esclusione del concorrente proprio perché possedente in proprio il requisito richiesto.

 

Avv. Maria Antonietta Portaluri