dott.ssa Elisa Colona
Tar Roma, sez. IV, 1/7/2024 n. 13225
Una pronuncia di grande interesse quella pubblicata dal Tar Roma lo scorso 1° luglio la quale desta però non poche perplessità.
Il Collegio, adìto dalla terza classificata alla procedura avente ad oggetto l’affidamento del servizio di “mappatura di habitat marini di acque profonde di interesse conservazionistico presenti sui monti sottomarini e sugli affioramenti rocciosi circalitorali e batiali”, nell’esaminare una questione preliminare riguardante la tempestività del ricorso, giungeva a conclusioni che segnano una completa inversione di rotta rispetto al passato.
Secondo la ricostruzione del Tar capitolino, il ricorso doveva essere dichiarato irricevibile perché proposto oltre il termine di 30 giorni dal provvedimento di aggiudicazione, a nulla valendo la presentazione di istanza di accesso agli atti da parte della ricorrente. La ricostruzione si fondava sul rilievo che, essendo la procedura soggetta alla disciplina del Nuovo Codice, la giurisprudenza invalsa sul meccanismo dilatorio non era applicabile perché pensata e plasmata su un disposto normativo non più in vigore.
Come noto, infatti, l’art. 76 del D.lgs. 50/2016 imponeva all’Amministrazione di fornire tutta la documentazione contenente le informazioni relative alle esclusioni, all’aggiudicazione e le eventuali comunicazioni intercorse con gli offerenti nel termine di 15 giorni qualora un concorrente ne avesse fatto richiesta. Tale disposizione aveva portato la giurisprudenza maggioritaria a riconoscere una dilazione temporale pari al tempo di evasione della richiesta prescritto alla S.A., per la proposizione di ricorsi. La concessione aveva lo scopo primario di disincentivare la cattiva pratica – contraria ai dettami nazionali e comunitari di effettività della giurisdizione – di ricorsi al buio presentati al solo fine di rispettare il termine di 30 giorni, integrati poi con successivi motivi aggiunti i quali non facevano altro che appesantire il decorso del giudizio.
Tuttavia, a parere del Tar, le innovazioni apportate dal nuovo codice a garanzia della massima conoscibilità delle informazioni agli offerenti, renderebbero del tutto superflua la dilazione temporale dei termini per le impugnazioni.
L’art. 76 del Vecchio Codice è stato infatti sostituito dagli art. 35 e 36 del D.lgs. 36/2023 i quali prevedono l’obbligo per la S.A. di garantire l’accesso telematico mediante acquisizione diretta dei dati inseriti nelle piattaforme e di pubblicare a seguito dell’aggiudicazione ogni informazione sottostante, inclusi i verbali di gara, l’offerta dell’aggiudicatario nonché le offerte presentate dalle prime cinque classificate.
Una pronuncia sicuramente di grande rilievo che appare però il risultato di una lettura semplificata delle disposizioni sul tema e completamente slegata dalla realtà, che vede le amministrazioni adeguarsi molto lentamente alle prescrizioni del nuovo Codice.
Applicando alla lettera la pronuncia del Tar romano, anche in caso di richiesta d’accesso finalizzata a colmare lacune conoscitive indispensabili a far valere le proprie ragioni in giudizio, i concorrenti interessati sarebbero comunque tenuti a proporre ricorso (al buio!) entro 30 giorni dalla comunicazione di aggiudicazione pena l’irricevibilità dello stesso: un’impostazione dal potenziale lesivo al diritto di difesa di non poco conto oltre che in contrasto con la normativa comunitaria e nazionale.
Nell’attesa che la giurisprudenza si pronunci nuovamente sul tema, lo stato dell’arte suggerisce molta prudenza agli operatori economici ai quali si consiglia di propendere sempre per la massima tempestività.