Sono circa 1.800 i ricorsi presentati al TAR dalle aziende dei dispositivi medici sull’attuazione del cosiddetto payback, il sistema di tassazione che obbliga le imprese a un esborso per ripianare lo sforamento dei tetti di spesa da parte delle Regioni. Entro il 31 luglio le aziende dovranno scegliere se ritirare i ricorsi e pagare con uno sconto la parte relativa al periodo 2015-2018 o andare avanti sul piano legale. Ma proprio in questi giorni il TAR del Lazio ha accolto le istanze cautelari di alcune aziende sia medio-piccole che di maggiori dimensioni. In particolare, le istanze di sospensiva sono relative sia al pagamento delle somme che delle eventuali compensazioni da parte delle amministrazioni sanitarie.
“La sospensiva del TAR – ha dichiarato il Presidente di Confindustria Dispositivi Medici, Massimiliano Boggetti – rappresenta una prima importante presa di posizione e va nella logica di quanto abbiamo sempre sostenuto, ovvero che la norma del payback è ingiusta e incostituzionale. Chiediamo pertanto ancora al Governo di spostare ulteriormente i termini di pagamento del payback a fine anno per poter trovare soluzioni efficaci di governance del settore che consentano di superare la norma e cancellarla. Inoltre, le istanze cautelari del TAR, a cui immaginiamo ne seguiranno delle altre, rischiano di mettere in ulteriore difficoltà le piccole imprese che non sono ricorse al Tribunale amministrativo perché non in grado di affrontare il contenzioso. È fondamentale cancellare questa norma con urgenza per salvaguardare non solo la vita di tante imprese, ma soprattutto per garantire che ai pazienti arrivino le cure necessarie possibili solo grazie all’utilizzo dei dispositivi medici”.
Con i ricorsi viene contestata l’illegittimità dei provvedimenti impugnati per l’incostituzionalità della normativa primaria di legge, la non conformità con il diritto eurounitario, la violazione di norme di legge preesistenti, oltre ai numerosi errori di calcolo delle fatture ricevute dalle regioni.