TAR Sicilia Catania 6/6/2024 n. 2137
Con la sentenza del TAR Sicilia in commento, torniamo ad occuparci della controversa questione dell’art.41, 14 comma del Codice Appalti che ha introdotto – o almeno così sembrava ! – l’obbligo per le stazioni appaltanti, nelle gare di lavori e di servizi, di scorporare il costo della manodopera, e di indicare il CCNL da applicare (art.11) in nome di una tanto dichiarata “tutela della manodopera” negli appalti.
La questione che si affronta – e che avevamo già sollevato nel commento della scorsa settimana alla sentenza del TAR Basilicata 21/5/2024, n. 273 – è che cosa succeda qualora la Stazione appaltante non adempia al nuovo obbligo normativo e, quindi, non indichi in lex specialis i costi della manodopera, e non indichi neppure il CCNL da applicare.
I giudici lucani (sentenza 273/2024) – con riguardo alla contestazione mossa dalla ricorrente secondo cui la mancata indicazione/scorporo dei costi della manodopera rappresentava di per sé una violazione dell’art. 41,14 comma del DLgs 36/2023 – avevano accolto l’eccezione di tardività (sollevata da controparte) sul presupposto che il mancato scorporo dalla base d’asta del costo della manodopera avrebbe dovuto essere contestato impugnando tempestivamente il bando e il capitolato e non unitamente al provvedimento finale della procedura.
Per i giudici siciliani, invece, vale il contrario: la circostanza che nel bando di gara la stazione appaltante non abbia indicato/scorporato il costo della manodopera e che non abbia neppure indicato il CCNL (entrambe contestazioni mosse dal ricorrente) NON rende il Bando immediatamente impugnabile. Secondo il TAR Sicilia non siamo in presenza di clausole immediatamente escludenti, potendo i concorrenti comunque formulare la propria offerta.
Ma il fatto stesso che si possa quindi esperire una gara legittima anche senza l’indicazione del costo della manodopera non scorporabile (ex art. 41, comma 14) e senza l’indicazione del CCNL da applicare (art.11) rende “di fatto” le due nuove prescrizioni del tutto irrilevanti. E tradisce lo spirito della riforma del Codice Appalti.
Infatti dopo l’esito della gara chi mai avrà interesse ad impugnare la mancata indicazione in lex specialis del costo della manodopera determinato dalla P.A. o la mancata indicazione del CCNL di riferimento per il settore !! … per farsi magari sentirsi dichiarare l’eccezione di tardività!
La verità vera è che il nuovo Codice ha gravato le PA di un onere eccessivo, quello di indicare in modo analitico il costo della manodopera e individuare il CCNL più rappresentativo per il settore e per la zona, con evidenti difficoltà per le PA ad adeguarsi. Il rischio però e che ora le PA potranno facilmente aggirare l’ostacolo “dimenticandosi” di individuare il costo della manodopera e il contratto più tutelante…..e ribaltando tale onere solo sugli operatori economici.
Nelle sue motivazioni il TAR Sicilia compie proprio una operazione di questo tipo.
Con il primo motivo di ricorso, la ricorrente lamentava la violazione dell’art. 41, comma 14 del D.Lgs. n. 36/2023, in quanto, trattandosi di un appalto di servizi (affidamento del servizio di ventiloterapia meccanica con assistenza domiciliare), la stazione appaltante, per determinare l’importo posto a base di gara, avrebbe dovuto indicare nei documenti di gara i costi della manodopera, non soggetti a ribasso. Riteneva la ricorrente che “detta omessa indicazione consentirebbe agli operatori economici, nel formulare le offerte, di operare ribassi anche sui costi della manodopera in violazione di legge ed impedirebbe, comunque, ai concorrenti di elaborare una offerta ben ponderata.”
Secondo i giudici siciliani, tuttavia, il mancato scorporo dei costi della manodopera da parte della stazione appaltante non precluderebbe all’operatore economico di presentare una offerta consapevole in quanto sarebbe stato possibile per lo stesso fare riferimento alle tabelle ministeriali, previste dall’art. 23, 16 comma.
Peccato però che le tabelle ministeriali siano proprio il riferimento che il legislatore ha offerto alle stazioni appaltanti per definire/stimare e scorporare il costo della manodopera. E che quindi “agevolmente” la stazione avrebbe potuto indicare il costo e renderlo “scorporato” (che è la vera ratio della norma che ne impone la quantificazione).
Mentre, come noto, spetta all’operatore economico – in forza della nuova previsione del Codice ovvero l’art. 108, 9 comma – di indicare in offerta, a pena di esclusione, i costi della manodopera realmente sostenuti dalla sua organizzazione. Con la conseguenza di dover “giustificare” (verifica d’anomalia) tali costi qualora risultassero inferiore a quelli stimati/scorporati dalla stazione appaltante (in questo senso l’ANAC ed entrambi gli orientamenti giurisprudenziali sulla ribassabilità o meno dei costi indicati/scorporati dalla stazione appaltante).
E su questo punto specifico non sfugga una recente sentenza del TAR Campania (TAR Campania . Napoli sez. IV, 7.6.2024 n. 3615) che ha ritenuto l’art. 108, 9 comma una norma eterointegrativa tale quindi da applicarsi anche se non espressamente prevista nella lex specialis con la conseguenza di comportare l’esclusione del concorrente che non abbia, al momento di presentazione della offerta, dichiarato i propri costi della manodopera.
Ci troviamo quindi difronte ad una situazione paradossale: l’omessa indicazione dei costi della manodopera da parte della stazione appaltante, in palese violazione di un suo preciso obbligo (art. 41, 14 comma DLgs 36/2023), non rende illegittima la gara e il bando di gara non è immediatamente impugnabile, mentre la mancata indicazione da parte dell’operatore economico, nella redazione dell’offerta, dei costi della manodopera realmente sostenuti diventa irrimediabilmente espulsiva.
Ma ancora meno condivisibile è la motivazione con cui i giudici ritengono cha anche la stessa omissione da parte della stazione appaltante del CCNL applicabile (previsto dall’art. 11) non possa considerarsi una mancanza tale da precludere ai concorrenti la formulazione di una offerta consapevole e pertanto non è immediatamente impugnabile.
Con il secondo motivo, la ricorrente deduceva anche la violazione dell’art. 11 D.Lgs.n.36/2023 atteso che, pur prevedendo la norma l’obbligo per le stazioni appaltanti di indicare il contratto collettivo applicabile al personale dipendente impiegato, negli atti di gara impugnati non risultava alcuna indicazione in tal senso
Secondo i giudici tuttavia anche la mancata indicazione del CCNL applicabile all’appalto “non sarebbe preclusiva tout court della possibilità per gli operatori di formulare un’offerta adeguata considerato che il comma 1 dell’art.11 prevede con formulazione chiara che si applica il “contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente”. Inoltre si legge ancora nella sentenza “il successivo comma 3 dell’art. 11 , ispirato alla tutela della libertà di iniziativa economica, consente comunque agli operatori economici – anche nel caso di individuazione da parte della stazione appaltante di uno specifico CCNL – di indicare il differente contratto che essi applicano, a condizione che questo assicuri un certo standard di tutela”. Ne discenderebbe, quindi, che la contestata omissione non preclude la formulazione di un’offerta demandando all’impresa partecipante la facoltà d’indicare un diverso contratto.
Ma a questo punto ci chiediamo: la facoltà dell’operatore economico è di indicare un contratto diverso rispetto a quale contratto ? rispetto a quello indicato dalla stazione appaltante …. che però nel caso di specie, nulla ha indicato!
Avv. Maria Antonietta Portaluri