Errare è umano ma formarsi attraverso la simulazione riduce il rischio di commettere errori, cosa che in aeronautica è stato ampiamente dimostrato. Esercitarsi in simulazione, soprattutto su situazioni complesse clinicamente e dal punto di vista organizzativo (come in sala operatoria, in terapia intensiva e in situazioni critiche) significa esercitare i team a migliorare strategie di sicurezza ed è una tecnica sempre più diffusa anche in Italia. Gli anestesisti rianimatori sono in prima linea per molti settori ad elevato rischio, e la gestione respiratoria-delle vie aeree è uno di quegli ambito dove l’errore si manifesta con danni gravi o mortali. Ne abbiamo parlato con Flavia Petrini, Direttore Anestesia, Rianimazione e Terapia Intensiva dell’Università di Chieti-Pescara, membro del Gruppo di Studio SIAARTI Gestione delle Vie Aeree e del Patient Safety and Quality Committee dell’ESA.
Quali strategie adottare per la gestione delle vie aeree nel paziente critico? Secondo molti esperti, incluso T.Cook relatore 69° Congresso SIAARTI, è cruciale ragionare in termini di buone pratiche cliniche utili a ridurre il rischio di percorsi di cura nei quali la prestazione anestesiologica è coinvolta a vario titolo. “Per garantire criteri di sicurezza anche nella condizione critica, influenzando l’outcome, è necessario – ribadisce Flavia Petrini – sviluppare strategie che riconoscono bundle e strategie multimodali, riconosciute per semplicità ed efficacia da tutto mondo sanitario, dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, al Ministero della Salute italiano, passando per la Dichiarazione di Helsinki che molte Società scientifiche anestesiologiche fra cui SIAARTI, hanno sottoscritto”. Come ricorda Flavia Petrini, “L’attenzione al rischio via aeree-respiratorio impone standard minimi di sicurezza sotto i quali non è accettabile scendere, sia in termini di esperienza e competenza, che di organizzazione e risorse appropriate ai livelli di criticità clinica, ma questa attenzione è paradossalmente minore in area critica, dove cresce il rischio”. Aggiunge la studiosa che “in Italia la sensibilità alla sicurezza clinica alimenta nei professionisti la consapevolezza di come lo standard non possa essere limitato alla preparazione del singolo. La gestione delle vie aeree negli ultimi venti anni – racconta il Coordinatore delle attività di anestesia, medicina perioperatoria, terapia del dolore, rianimazione ed emergenza intraospedaliera del polo sanitario universitario abruzzese – si è rivelata un ottimo modello per comprendere la genesi dell’errore umano. Se tecnologia e competenza sono state fondamentali per linee guida utili a ridurre gli eventi avversi, oggi siamo in grado di intuire anche l’utilità della formazione alle Non Technical Skill”.
L’anestesista rianimatore è uno specialista sensibile e attento a questi aspetti. “La formazione specialistica – illustra Flavia Petrini – di recente rivisitata secondo standard europei che in Italia vengono sviluppati in cinque anni di pratica clinica, dovrebbe includere la formazione in simulazione, non necessariamente ad alta fedeltà, auspicabilmente in situ. Flavia Petrini sottolinea come la tecnica consenta di comprendere le criticità del lavoro in team, che in area critica come in sala operatoria trova nei difetti di comunicazione tra i medici ma anche con gli infermieri molte ragioni di errore. Gli anestesisti rianimatori presenti al Congresso bolognese potranno sperimentare il valore della simulazione e valutare skill trainer innovativi (per es. di broncoscopia virtuali), oltre a condividere iniziative di consenso sulle buone pratiche cliniche di gestione perioperatoria del paziente obeso.